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I SAPERI DEL MARE

Molte delle tradizionali tecniche di pesca artigianale sono oggi praticate con minore assiduità rispetto al passato, ma è oggi ancora vivo nella memoria dei marinai castellammaresi il complesso di metodi, strumenti di pesca e saperi concernenti il meteo e i cicli della fauna e della flora marine che regolavano l’attività produttiva della pesca. A settembre e ottobre, fino alla metà di novembre, si usciva per la pesca degli ancileddi (pesce volante), con la rete a circuizione denominata robastina, una rete che ha le maglie ai lati larghe e nel centro più strette, specialmente nel serbatoio.
L’autunno era anche il tempo della pesca di palamite, allittrati (tonnetti alletterati), bisi (tombarelli), merluzzi, sauri.
A gennaio si iniziava la pesca delle sarde, che costituiva l’attività primaria dei pescatori di Castellammare. Questo tipo di pesca si svolgeva con la tratta (o anche tratte ammagliate), una rete da posta lunga circa 100 metri e larga 5, che ha dei pesi di piombo attaccati a un’estremità, che servono a farla andare a fondo, e dalla parte opposta pezzi di sughero per farla stare a galla. Con questo tipo di rete la sarda rimaneva ammagghiata e la profondità a cui doveva essere calata la rete si manovrava con i sami: pezzi di sughero che si attaccavano lungo la rete, a diverse distanze, e servivano a controllare a quale profondità calare la rete. L’unità di misura delle reti (rizza in dialetto siciliano) era la “mezza tratta”: ogni mezza tratta equivaleva a 49 braccia (corrispondenti circa a 7 reti).
Per la pesca della sarda i pescatori si affidavano alla luna. Un detto tradizionale che indica il momento più opportuno per la pesca delle sarde recita, infatti:
Luna a dritta, piscaturi curcatu.
Luna a barca sarda abbarcata.

Nei periodi successivi, tra aprile e maggio, si pescavano le acciughe (anciova) con la tratta per le acciughe.
A marzo e aprile si pescavano le boghe (vopa) con la vopara, simile alla menaide.
Come già anticipato, oggi la pesca tradizionale viene praticata in misura inferiore, o comunque non come attività esclusiva. Dagli anni Ottanta la motorizzazione delle imbarcazioni da pesca ha avviato, infatti, lo sviluppo della pesca industriale, che risponde solo in parte alle fasi di pesca sopra indicate, ma si distingue per una attività meno mirata in relazione a specie di pesci o periodi dell’anno. In generale le tecniche di pesca tradizionali diffuse ancora oggi sono quelle con le reti da posta, a circuizione e con la sciabica.
Prima della diffusione delle imbarcazioni moderne costruite in resina, la flotta peschereccia di Castellammare del Golfo comprendeva numerosi battelli da pesca e bastimenti a vela.
Il Golfo di Castellammare poteva contare sulla presenza di quattro tonnare (tra le più importanti quelle di San Vito Lo Capo e Scopello), di cui una afferente al territorio dell’attuale comune, situata a Cala Marina (e oggi convertita in hotel), e una molto vicina, presso il territorio di Alcamo Marina (Tonnara Magazzinazzi). La presenza di questi numerosi marfaraggi è ancora oggi testimonianza del fatto che la pesca del tonno è stata una delle attività ittiche più praticate e redditizie a Castellammare del Golfo fino alla dismissione degli stabilimenti. Anche la salatura (soprattutto di alici e sarde) era un’attività importante, come testimoniato dai magazzini di salatura presenti nel porto del borgo e oggi convertiti in gran parte in ristoranti.

Secondo quanto riportato da Diego Buccellato Galatioto nel 1909 la pesca del tonno: «incomincia il 15 aprile e finisce il giorno di S. Pietro (29 giugno) con sistemi perfezionati. Nel golfo di Castellamare vi sono quattro tonnare e una tonnarella, in cui sono impiegati più di 300 operai, e pescano in media complessivamente ogni anno più di 6000 tonni, oltre ad un numero considerevole di pesci spada, alalonghe, bisi, scombri, palamite. La pesca delle acciughe e delle sardelle si fa tutto l’anno, specialmente da febbraio a settembre. La salatura comincia il 15 aprile. Alle acciughe, appena pescate, durante la salatura, si tolgono la testa e le interiora che risultano amare al gusto, e poi si dispongono in barili di legno o in scatole di latta. Le sardelle ordinariamente sono salate intere in barili di legno» (Buccellato 1909).
Anche Pitrè menziona la tonnara di Castellammare del Golfo nel volume “La famiglia, la casa, la vita del popolo siciliano della Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane”: «Per le [tonnare, ndr] occidentali da Scopello a Balestrate (Sicciara) si canta ancora :
La megghiu tonnara è Scupeddu,
Casteddammari li magarinazzi,
E la Sicciara misira ed affritta
Ca di livanti li tunni l’aspetta»
(Pitrè 1913: 376).
Il marinaio Nino Paradiso, che ha istituito il “Museo del Mare Uzzareddu” su iniziativa privata, si è fatto portavoce e promotore della cultura marinara tradizionale del territorio ed è ancora oggi detentore dei millenari saperi della pesca a Castellammare del Golfo, nonché della devozione alla Madonna del Soccorso, venerata da tutta la comunità locale ed in particolare dei pescatori.