CEFALÙ Saperi del Mare

Cefalù (PA)

Description

I SAPERI DEL MARE

Foto: EsperienzaSicilia.it

Numerose sono le tecniche di pesca tradizionale che si sono praticate a Cefalù fino ad un passato recente. Tra queste si attestano: la pesca della neonata che si praticava da gennaio a marzo, con l’utilizzo della sciabica (rete a strascico); la pesca del pesce bianco, come triglie e occhiate, e delle seppie con il tramaglio (tremmaglio), che si svolgeva durante tutto il corso dell’anno; la pesca con la rete denominata baddassone, una rete a due livelli, costituita nella parte inferiore da una rete a tramaglio e nella parte superiore da una rete più chiara, che si spostava con la corrente del mare; con quest’ultimo tipo di rete si pescavano perlopiù aiole, saraghi e triglie. Le tecniche menzionate finora non sono più in uso, perché ormai vietate dalle normative comunitarie o perché considerate non più redditizie.

Le antiche tecniche di pesca utilizzate ancora oggi sono invece la pesca delle acciughe e delle sarde con il cianciolo e la lampara o con la menaide (minaita), che si svolge da marzo ad agosto, e la pesca dei caponi con i cannizzi. Questi strumenti di pesca sono degli oggetti galleggianti ancorati ad una zavorra che li trattiene dalle correnti marine; anticamente i cannizzi erano fatti con canne di bambù e corde di fibra naturale in disa, ora sono invece fatti con bidoni di plastica e corde di nylon. Il principio di pesca rimane ad ogni modo invariato: lo scopo è quello di creare una zona d’ombra nel fondale, dove le lampughe vanno a rifugiarsi e, una volta attirate le prede, pescarle con una rete a circuizione. Il periodo della pesca dei caponi a Cefalù va da settembre a dicembre.

Foto di Cinzia Costa

A Cefalù è registrata anche la presenza di un noto mastro d’ascia che lavorò fino agli anni Ottanta, quando cominciarono a diffondersi le imbarcazioni in resina: mastro Mimmo Campana. L’artigiano è ormai in pensione e la sua attività è stata in parte proseguita dai familiari. Le sue capacità nel settore della costruzione delle imbarcazioni tradizionali erano riconosciute anche al di fuori del comune di Cefalù, tanto da attirare clienti da altri paesi del Golfo di Termini Imerese.

Importante era anche l’attività di salagione del pesce azzurro. In passato c’erano circa 20 magazzini che impiegavano centinaia di famiglie del borgo. L’attività si svolgeva perlopiù al porto. Attualmente è rimasta attiva solo un’azienda tra quelle tradizionali (Pesce azzurro Cefalù), che ha trasformato il processo di produzione adeguandolo alle normative vigenti.

Foto di Melo Minnella

Secondo la tradizione locale esistono alcune figure che all’interno della comunità cefaludese detengono delle capacità magiche e terapeutiche: i cosiddetti tagliatori di trombe d’aria.

I detentori di queste capacità prodigiose, durante la notte di Natale insegnano al proprio primogenito la formula segreta che serve ad acquisire il potere. “L’apprendista”, una volta ricevuto il testimone, deve recarsi in sette diverse chiese di Cefalù e raccogliere un po’ d’acqua benedetta da ciascuna fonte. Durante la celebrazione della veglia di Natale deve poi recarsi nella Cattedrale e nel momento della commemorazione della nascita di Gesù Bambino, ripetere la formula che gli è stata insegnata e lavarsi le mani con l‘acqua raccolta. Più volte si ripete questo rituale, più forti saranno i poteri del tagliatore di trombe d’aria.

Di questa antichissima tradizione sono conservate tracce anche nella “Biblioteca delle tradizioni popolari” di Giuseppe Pitrè, che proprio in merito a Cefalù scrive:

«Questa facoltà si acquista la notte di Natale, ché in altro tempo la formola insegnata riesce frustranea, e perde la sua virtù a venire (Palermo). […] Inoltre, questa facoltà non si acquista senza una preparazione. Il candidato mette in bocca una fogliolina di ulivo, la mastica e rimastica buon tratto per inghiottirla a mezzanotte in punto, prima di aver comunicata la orazione, la quale, come le orazioni consimili, va detta, da chi la insegna, una volta sola, e non ripetuta mai più. Di guisa che, se chi vuole impararla non la ritiene in quella sola volta, dovrà rassegnarsi ad attendere un altro anno il Natale vegnente per tornarla a sentire e ritenerla (Cefalù)» (Pitrè 188b9: 84-85).

Relativamente all’orazione recitata e al momento del rituale del taglio della tromba d’aria Pitrè riferisce invece: «Lievi differenze di scongiuri hanno i marinai cefalutani e terminesi uno de’ quali scoprendosi il capo e recitata la formula: “Crialeisò Crialeisò Cristeaudinos, Cristessaudinos, Santa Maria, Sta cuda tagghiata sia!” per tre volte segna con le mani, senza coltello o falce una croce per tagliare la coda (Cefalù)» (Pitrè 1889b: 83-84).

A differenza di altri borghi marinari, nella tradizione cefaludese, coloro che hanno la capacità di tagliare le trombe d’aria, detengono anche altri poteri terapeutici, come quello di guarire dallo scantu (letteralmente la paura, è quello stato di preoccupazione o mancanza di serenità che persiste in persone che hanno difficoltà a dormire o altri sintomi) o dalla ciammatina (punture, tagli o infezioni) o dal fuoco di Sant’Antonio.

Secondo la tradizione nel borgo di Cefalù anche le donne possono essere detentrici di questi saperi magici.

A coloro che svolgono questo servizio è vietato accettare denaro come forma di pagamento o ricompensa. Possono eventualmente accettare alcuni doni in natura come forma di amicizia.

In passato queste figure avevano un ruolo centrale nella comunità, intervenendo collettivamente attraverso gli strumenti della credenza e della medicina popolare.

Alcuni di questi guaritori erano molto noti, non solo nel paese di Cefalù, ma anche altrove; per questo motivo venivano contattati frequentemente da altri paesi o addirittura da emigrati oltreoceano (poiché, riferendo alcuni dati della persona destinataria del rito, la formula poteva essere applicata anche a distanza).

Numerose sono le preparazioni gastronomiche tradizionali di Cefalù che hanno il pesce come materia prima. In particolare tra le specie che sono cucinate in un maggior numero di diverse preparazioni sono i caponi, le acciughe e le sarde, tra le specie ittiche più pescate nella tradizione locale.

Tra le varie ricette si citano, solo a titolo esemplificativo: pasta con capone, arancine di capone, capone ripieno, sarde a beccafico e allinguate, capone, sarde, alici marinate etc.

Mentre le preparazioni precedentemente menzionate sono diffuse in varie località costiere della Sicilia (soprattutto settentrionale e nord-occidentale), una ricetta tipica cefaludese è quella delle sarde a ghiritalieddu.

Per preparare questa pietanza le sarde vengono pulite, private della testa e della lisca (riesca); vengono poi tagliate a metà, a linguata, cioè aperte a mò di libro, facendo attenzione che non si stacchino le due metà; vengono poi imbottite con un composto di pangrattato, formaggio grattugiato, aglio, prezzemolo, uva passa e pinoli, succo di limone ed olio; una volta ripiene, le sarde vengono e arrotolate a ghiritalieddu, e vengono poi fritte nell’olio d’oliva o cotte al forno con fettine di limone e foglie d’alloro. Questa ricetta è molto simile a quella delle sarde a beccafico, diffusa in molte località marinare; ciò che la differenzia da queste ultime è la forma, poiché nella tradizione cefaludese nelle sarde a beccafico l’imbottitura è posta tra i due lembi del pesce; le sarde a ghiritalieddu sono invece arrotolate.

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