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LE ESPRESSIONI TRADIZIONALI E GLI SPAZI CULTURALI
Sono numerose le leggende legate ai prodigi della Madonna delle Grazie che si tramandano nella comunità di Isola delle Femmine e che dal dopoguerra in poi hanno accresciuto la devozione della comunità dei fedeli, conferendole preminenza nel panorama devozionale della comunità isolana.
Secondo quanto narrato da alcuni fedeli, durante la Seconda Guerra Mondiale, avvennero i primi eventi miracolosi legati alla Madonna delle Grazie: il volto della statua della Vergine cambiava colore ed espressioni, e alcuni raccontano anche di averlo visto lacrimare.
Tuttavia, il miracolo più noto, ricordato ancora in un ex voto sottostante il simulacro, «è il cosiddetto miracolo dello scampato naufragio di una barca isolana che fu sorpresa nella notte da un’improvvisa tempesta» (Bruno 2020: 99).
I pescatori, terrorizzati e preparati al peggio, invocarono allora la Vergine urlando: «Bedda Matri di Grazia, salvaci!» (ibidem).
«La visione accompagnò così la barca fino al suo rientro nel porticciolo di Isola: i pescatori furono salvi. Sistemata la barca, i pescatori e tutti gli isolani che nel contempo si erano radunati negli scari, in attesa trepidante, buttarono giù dal letto don Pietro Mannino, che aprì le porte della Chiesa alla folla accorsa per ringraziare la Vergine. Ma grande fu lo stupore quando furono trovate delle impronte di piedi con della sabbia che, dall’ingresso, portavano diritte all’altare della Madonna» (ibidem).
Si tramanda che i fedeli, giunti al cospetto dell’altare, toccarono i piedi della statua, trovandoli bagnati e sporchi di sabbia.
Come documentato dall’unico quadretto votivo relativo al miracolo giunto fino a noi, l’avvenimento potrebbe forse far riferimento allo scampato naufragio del motopeschereccio “Giuseppe”, avvenuto nel Canale di Pantelleria il 26 aprile 1946 (cfr. Bruno 2020: 100).
Riggina di la Grazia è una preghiera dialettale recitata fino agli anni Cinquanta come novena, a partire dal nono giorno prima della ricorrenza della festa della Madonna delle Grazie, festeggiata il 2 luglio di ogni anno.
La novena è una funzione religiosa che consiste nel recitare alcune preghiere (come il Rosario), ripetute per nove giorni consecutivi in preparazione di una celebrazione particolare.
Questa antica preghiera in dialetto siciliano rimane ancora viva nella memoria di alcune anziane fedeli e negli ultimi anni è stata anche ripresa su spinta del parroco corrente e di alcuni parrocchiani devoti.
La preghiera dialettale Riggina di la Grazia trae origine da un canto popolare o Villanella napoletana, intitolata Madonna di la Grazia, molto in voga a Napoli durante il periodo Borbonico. La preghiera venne in seguito tradotta in siciliano e recitata, fino agli anni Cinquanta, come “Rosario alla Madonna delle Grazie”:
«Riggina di lu cielu
Divina Maistà
Sta grazia ca ti cercu
Fammilla pi pietà.
Madonna di la grazia
Ca ‘mbrazza purtati grazia
A vui vegnu pi grazia
O Maria facci a grazia.
Facci a grazia o Maria
Comu ta fici u Padreternu
E ta fici p’amuri, Diu
Facci grazia o Maria.
Fammilla o Maria
Fammilla pi carità
Pi li doni c’arricivisti
Da Santissima Trinità.
Madonna di la grazia
Ca ‘mbrazza purtati grazia
A Vui vegnu pi grazia
O Maria facci a grazia.
Facci grazia o Maria
Comu ta fici u Padreternu
E ts fici p’amuri, Diu
Facci grazia o Maria.
Acinniu l’Ancilu di lu cielu
E ti vinni a salutari
Salutava a tia o Maria.
Riggina di la grazia, ecc…»
(Bruno 2020: 104).
Numerosissime sono le leggende che riguardano l’isolotto che dà il nome al Comune di Isola delle Femmine.
Con riferimento al toponimo del borgo, la maggior parte delle leggende sono legate a storie di donne. Diverse versioni tramandano infatti che l’isola abbia ospitato un penitenziario o un manicomio femminile, o che nell’isola venissero abbandonate donne malate di lebbra o di malaffare. Altre leggende riferiscono che alcune fanciulle vergini sostassero sull’isola per la durata di una luna e offrissero se stesse in premio a guerrieri particolarmente meritevoli.
Tutte le leggende menzionate prendono il via da una erronea interpretazione del toponimo di Isola delle Femmine. Ciò che nei secoli è stato tramandato e trascritto come Fimini (oggi tradotto in “Femmine”), ha infatti, molto probabilmente una origine etimologica molto distante dalla sfera semantica del “femminile”.
Due tra le interpretazioni più accreditate fanno risalire il toponimo a:
– fimis, la parola araba che indica “passaggio”, “bocca”, con riferimento al breve tratto di mare tra la terraferma e l’isolotto.
– Eufemio da Massimo, generale bizantino che si alleò con gli arabi, aiutandoli ad occupare la Sicilia (cfr. Bruno 2020: 15-16; Lo Cascio 2005: 75-78).
Alcune delle leggende qui menzionate sono state nei secoli trascritte da studiosi e antropologi e se ne riscontrano tracce in alcuni testi risalenti già alla fine dell’Ottocento.
Tra le fonti si citano a titolo esemplificativo il testo Aneddoti, proverbi e motteggi illustrati da novellette popolari siciliane di Salvatore Salomone Marino (1884) e il Dizionario illustrato dei Comuni Siciliani di Francesco Nicotra (1907).
Nella comunità di pescatori si narra che un tempo il mare del Golfo di Isola delle Femmine fosse ricchissimo di sgombri, specie ittica che oggi non abita più i fondali di questa costa. Pare che durante il dopoguerra, in occasione della processione del Corpus Domini, un pescatore avesse deciso di non partecipare alla celebrazione religiosa, ma piuttosto di uscire con la propria barca per andare a pescare sgombri. Gli altri pescatori che stavano partecipando al corteo religioso, decisero pertanto di abbandonare la celebrazione religiosa per seguirlo.
Da quel momento nessun equipaggio riuscì più a pescare sgombri a Isola delle femmine.