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I SAPERI DEL MARE

La tromba d’aria (Trumma marina; cura ri rattu; cura ‘i drau; cura di mammadrau; cuda; cura draunera; dragunara; dragunera; sufunara; mànica; rragani) rappresenta un pericolo sempre incombente sulle imbarcazioni. Per scongiurarne i rischi i pescatori mettevano in atto una pratica rituale che prevedeva il taglio simbolico delle trombe d’aria. Ancora oggi il rito è documentabile grazie alla pratica e alla memoria di Silvio Taranto, pescatore e ultimo tagliatore di trombe marine dell’arcipelago eoliano.
La tromba marina è così descritta da Giuseppe Pitrè nel terzo volume di “Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano”: «Fisicamente è quella specie di procella che formasi da un turbine a foggia di colonna dal mare fino alle nuvole. Ma secondo il popolo è cosa ben diversa».
Come riporta il demologo siciliano, la tromba d’aria può assumere diverse configurazioni: «la dragunara è una donna coi capelli sciolti, nuda, la quale, allo scoppiare d’una tempesta, levasi da terra con la testa chinata sul petto, e giunta ad una certa altezza gira per aria prendendo forma di cupo e denso vapore o fumo nero. Chi riesce a colpirla, la taglia, ed essa vien giù pian pianino a pezzi ed a bocconi. Ma vuol essere tagliata con la mano sinistra e recitando uno scongiuro. [Altrove] è una strega che fa malie. Un uomo che la vede e vuole scongiurarla, porta nascosta sotto i panni una falce, e al momento opportuno la cava fuori e con essa scongiura, e taglia la dragunara. Appena tagliata, cade lentamente a pezzi, che non si discernono; ma si vedono calze di seta, scarpe vecchie, arcolai ed altri arnesi da stregherie, che vengono giù dall’aria […] Potrebbe dirsi esser questi degli oggetti sollevati dalla tromba.
Per altri, però, è una immensa nuvola nera in forma di coda, donde il suo nome. Allora si taglia da un mancarusu, mancino, segnando una croce con una falce; e quando è piccola, con un coltello […] Pei marinai è un nuvolone, che piglia davvero forma terribile, e che
Varchi e galeri agghiutti.
Anchi a li marinara,
come dice una leggenda. L’acqua marina, che essa investe, viene subito aspirata e portata in aria, dove, divenuta dolce, resta un momento, indi trasportata dolce com’è in altre regioni. L’idea che il dragone insacchi acqua dal mare è comunissima» (pp. 79-80).
Il tagliatore di trombe d’aria è tradizionalmente un marinaio che ha acquisito la facoltà di intervenire ascoltando dai più anziani un’orazione la notte di Natale o il venerdì Santo e secondo una precisa ritualità. Una volta trasmessa, la capacità d’intervento sulle trombe marine consiste nella facoltà di tranquillizzare il mare recitando l’orazione appresa e segnando tre tagli orizzontali o tre croci in aria, con la mano, con un coltello benedetto o con una falce impugnata con la mano sinistra.