
Description

La costa messinese interessata dal passaggio dei tonni è quella del versante tirrenico che va dalla punta di Capo Peloro nei pressi dello Stretto di Messina fino al confine con la Provincia di Palermo. Questo tratto non presenta golfi di grande ampiezza, ma molte insenature e calette, con una diffusa distribuzione di tonnare “di andata” nei pressi della penisola di Milazzo. Il versante che da Messina si dirama verso Catania a sud sul fronte ionico, non ha visto invece l’attivazione di impianti, molto probabilmente perché solo marginalmente rientrava nel percorso dei tonni. Gli studi storici non mostrano la presenza di tonnare nell’arcipelago delle Eolie.
Nei pressi di Capo Rasocolmo, di probabile origine etimologica “Rais colmo”, venne calata per pochi anni la Tonnara di Santa Sava o Castania, in territorio di Messina. A causa delle forti correnti il sistema di reti venne predisposto in via sperimentale prima a levante e poi a ponente, ma dopo soli tre anni di scarsi profitti l’impianto fu smontato senza lasciare tracce e le attrezzature furono cedute a Milazzo.
Il contesto del Golfo di Milazzo e la sua penisola con versante orientato sia ad ovest che ad est, ospitò numerosi stabilimenti già attivi nel XV secolo, riuscendo però a rintracciare notizie storiche solo su alcuni di essi. Da oriente verso occidente, la Tonnara di Malpetitto aveva sede tra Fondachello (Frazione di Valdina) e Acri spostando nel corso degli anni il sito di calata delle reti per non interferire con gli altri stabilimenti del litorale. Acquistata nel 1636 da Don Francesco Bajeli, venne poi venduta a diversi proprietari privati fino al Monastero dei Benedettini di Messina. I vari spostamenti dell’impianto contribuirono a confonderlo con altri, come la limitrofa Tonnara della Gaggia o della Gabbia, che vide il susseguirsi di diversi proprietari come i Saccano, i Naselli e i Moncada. La Tonnarazza, nonostante il toponimo oggi si trovi nel territorio di Spadafora, doveva localizzarsi invece nell’attuale zona industriale di Milazzo. La Tonnara di Silapo venne attribuita in concessione ai Saccano nel 1460 e ceduta nel XVI secolo ai Naselli e successivamente ai Padri Cappuccini. Per ridurre i contrasti fra gli stabilimenti a causa delle ridotte distanze tra loro, venne successivamente spostata assumendo la denominazione di Tonnara di Vaccarella localizzandosi sul versante orientale della penisola di Milazzo. La Tonnara di Capo Bianco o Pepe, nel 1460 venne concessa per operare su Capo Milazzo, ma rivelatasi di poco profitto venne trasferita nel 1509 in contrada Pepe sul versante di levante. La Tonnara di Sant’Antonio o di Capo Milazzo è di origine molto antica, con concessione del XIV secolo. Nell’Ottocento fu gestita da Greco e Vadalà e nel Novecento da Calapaj e D’Amico. Posizionata nei pressi della Chiesa di Sant’Antonio da Padova, era un punto di riferimento per gli altri stabilimenti del comprensorio intercettando per prima i tonni nel loro percorso. Nonostante l’ottimo sito non mostrò grandi profitti finendo declassata a “tonnarella”, fino alla dismissione nel 1948. Oggi sono visibili sulla costa i ruderi del piccolo borgo di pescatori che vi lavoravano. La Tonnara Grande del Porto, di antichissime origini, probabilmente precedenti al XIII secolo, venne distrutta nell’Ottocento per consentire la realizzazione del nuovo porto e del molo sito sul versante orientale della penisola.
La Tonnara del Tono, uno degli impianti più noti della costa messinese, fu di antiche origini essendo sicuramente già attiva nel 1418. Passò in gestione a diverse famiglie tra cui i Giordano, i Marullo e i Bonaccorsi. Nel 1790 fu venduta a Girolamo Calapaj che la gestì in società con i D’Amico fino al 1966. Durante gli ultimi anni dell’Ottocento vi aveva sede l’opificio Calapaj & D’Amico attivo come industria conserviera. Nei primi del Novecento, insieme ad un gruppo di imprenditori genovesi, lo stabilimento venne ampliato per incrementare la produzione industriale di trasformazione del pescato. Terminata ogni attività nel 1966, il complesso edilizio fu rifunzionalizzato come residence e struttura ricettiva.
La lunga e intensa storia della pesca del tonno nel territorio di Milazzo è oggi raccontata nel museo ospitato nel complesso monumentale del Castello attraverso reperti e testimonianze video.
La Tonnara di Calderà nell’omonima frazione di Barcellona Pozzo di Gotto, fu avviata con la concessione data al nobile Giovanni Cacciola nel 1442. Entrata fra i possedimenti del Monastero di San Gregorio di Messina restò inattiva per molti anni riprendendo la pesca solo a metà del XVIII secolo. Operò con risultati alterni, sperimentando nuovi siti di posizionamento entrando così in conflitto con gli stabilimenti di Milazzo. Nel Novecento, divenuta obsoleta, la struttura venne trasformata in stalla e negli anni Ottanta soppiantata da nuove abitazioni.
La Tonnara di Salicà aveva sede sul litorale dell’attuale comune di Terme Vigliatore, rappresentando il nucleo generativo del giovane borgo marinaro di Tonnarella. La concessione fu ottenuta da Nicolò e Giovanni Battista D’Ussio Messinese nel 1633, rilevando l’attività probabilmente già presente in località Salicà, vicino il Fiume Mazzarra. La struttura fu realizzata nei pressi dell’attuale Contrada Torre Forte di Tonnarella; il toponimo suggerisce inoltre la presenza di una torre posta a sua difesa. Nel Settecento entrò in contenzioso con la vicina Tonnara di Oliveri a causa della poca distanza tra i due impianti. Acquistata poi dalla famiglia Cubbi di Trapani, si narra che tra le sue reti rimasero spesso imprigionati dei “mostri marini”. Con risultati discontinui, l’impianto cessò l’attività nel Novecento e venne abbattuto. Lo storico Villabianca nel Settecento suggeriva la presenza nella stessa zona di un altro stabilimento noto come Tonnara di Santa Maria del Piano, ma le notizie al riguardo rimangono scarsissime.
Nel territorio di Oliveri si praticava la pesca del tonno in epoca molto antica; il geografo arabo Idrisi nel XII secolo notò infatti come questa venisse svolta nel porto locale con ottimi risultati. La concessione della Tonnara di Oliveri sembra si possa datare già nel XIII secolo e vide nei secoli a venire un gran numero di proprietari. Grazie alla particolare morfologia del litorale, il Monte Tindari rappresentò un ideale punto di osservazione dall’alto dello specchio di mare. Qui era presente il “rais di montagna” che, avvistati i branchi di tonni dirigersi in direzione dell’impianto, avvisava con la gestualità o con il suono della tromba i marinai impartendo anche ordini relativi alle reti nel caso notasse esemplari troppo piccoli o pesci non interessanti. Negli anni il Vescovo di Patti pretese molti diritti di decima sul pescato dello stabilimento, che si esaurirono quando ottennero la propria concessione attivando la vicina Tonnara di Rocca Bianca. L’impianto di Oliveri restò operoso per molti anni e con buoni profitti, ma la crisi del settore obbligò la chiusura nel Dopoguerra. Negli anni Sessanta il grande complesso del marfaraggio venne trasformato in un villaggio turistico.
Sul litorale di Patti nel XV secolo venne avviata la Tonnara di Rocca Bianca, in risposta ai contrasti tra la Tonnara di Oliveri preesistente e il Vescovo di Patti. Quest’ultimo ottenne la concessione nel 1406, ma l’impianto restò inattivo per decenni fino al 1584 quando Don Gilberto Isfar, Vescovo dell’epoca, volle dare impulso all’attività. La tonnara operò sempre in un clima di tensione con gli stabilimenti vicini agendo anche per vie legali. Nel tardo Settecento venne concessa ai D’Amico Duchi d’Ossada che, già proprietari della vicina tonnara di San Giorgio, ne integrarono la produzione a vantaggio dell’impianto molto più prolifico di Gioiosa Marea. La tonnara chiuse l’attività nei primi del Novecento.
Le origini della Tonnara di San Giorgio sita sul versante orientale del territorio di Gioiosa Marea, si possono rintracciare già nel XII secolo individuando l’attività fra i possedimenti del monastero dei Benedettini di Patti. Nel 1407 Berengario Orioles, Principe di San Piero Patti, ottenne come ricompensa per i suoi servigi alla Corona la concessione di pesca nel tratto di mare tra il vallone Saliceto e Punta Fetente. Dopo un periodo di inattività nel 1571 fu acquistata da Cesare Mariano. La pesca del tonno avviò così la nascita del borgo marinaro di San Giorgio a metà del Settecento. Intanto la struttura passò in gestione a diverse famiglie fra cui i D’Amico e per ultimi i Cumbo che si dedicarono con grandi energie alla trasformazione e vendita del tonno sott’olio. La tonnara perse la sua funzione nel 1973; venduta a privati, venne in gran parte demolita e il suo spazio oggi è occupato da un residence di nuova costruzione addossato ai pochi ruderi rimasti.
La Tonnara di Zappardini, di difficile localizzazione tra Gioiosa Marea e Capo d’Orlando, venne concessa al Marchese Forzano nel 1788 in un tratto di mare noto come “Vaccarizzo”. Il suo proprietario non riuscì ad osservare gli esiti della prima calata avvenuta nel 1780, anno della sua morte. L’impianto venne spesso danneggiato dagli squali che intercettavano le sue reti. La tonnara, sfortunata e di scarsi profitti, venne definitivamente chiusa nei primi anni del Novecento.
La Tonnara di Capo d’Orlando avviata nel 1776, operava su un sito molto distante dalla costa per poter intercettare i tonni all’imbocco del golfo. Le correnti in alto mare non premiarono però l’esperimento e per via dei pochi ricavi l’impianto fu abbandonato.
Il geografo arabo Idrisi attesta la pesca del tonno sul litorale di Caronia già nel XII secolo. Sono poche le notizie storiche sulla Tonnara di Caronia che, a causa di problemi gestionali, visse periodi di attività ed abbandono.
La Tonnara di Tusa o del Corvo, sul litorale della frazione di Castel di Tusa, fu di antica origine e molto prolifica durante la proprietà dei Branciforte Principi di Scordia che la passarono nel 1780 ai La Torre. Nonostante fosse ritenuta ben pescosa, gli elevati costi di gestione portarono alla chiusura dell’impianto nell’Ottocento.