Description
Questa fascia costiera si estende sul versante nord della Sicilia a partire dal Golfo di Castellammare ad Ovest fino ad Est al confine con la Provincia di Messina. In questo litorale si intercettano due golfi principali, quello di Palermo e quello di Termini Imerese, intervallati da numerose insenature e calette. Questo territorio da millenni ospita attività legate alla pesca e sono infatti molti i borghi marinari sorti proprio con questo scopo. La pesca del tonno in questi litorali veniva svolta attraverso tonnare “di andata”, distribuite capillarmente su tutta la fascia costiera intercettando il pesce durante la prima parte del suo viaggio.
La fascia costiera di Cefalù ospitava un sistema diffuso di impianti e stabilimenti, già attivi durante il periodo Normanno. Nei pressi del borgo, in contrada Calura, su una caletta nota per antiche fonti di acque calde, è ancora individuabile la Tonnara di Presidiana; calata sperimentalmente dal vescovo di Cefalù non ebbe molta fortuna tanto da essere da lì a poco abbandonata. Riqualificata negli anni Settanta, oggi i suoi stabilimenti sono utilizzati per la lavorazione del pesce azzurro. Includendo un tratto di costa più ampio, si potevano intercettare altri impianti che sono stati in gestione del Vescovo di Cefalù a partire dal XII secolo, come la Tonnara di Roccella, la Tonnara di Mazza lo Furnu, la Tonnara di Raysichelbi, la Tonnara di Serravalli o di Tusa. Della Tonnara di Battilamano è possibile ipotizzare la localizzazione grazie all’omonima Torre seicentesca posta a sua difesa, su un tratto di costa oggi all’interno del Comune di Termini Imerese.
Nel Golfo di Termini Imerese e nel litorale della cittadina, come per Cefalù, si segnalava la presenza di più impianti. La pesca del tonno in questo ampio tratto di costa, viene citata già in epoca araba, ma oggi non rimane pressoché nulla delle antiche strutture. La Tonnara di Termini o della Lupa, denominazione dovuta alla forma del territorio tra il mare e il promontorio, fu situata nell’ambito tra le attuali Piazza Sant’Anna, la zona del Torracchio e la Chiesa di San Bartolomeo, quando un tempo la linea di costa appariva più arretrata rispetto a quella attuale. Già presente alla fine del XIII secolo, nel Cinquecento incontrò resistenze dalla vicina Tonnara di Trabia dei Principi Lanza. Questi ultimi acquisirono la gestione dell’impianto termitano, ma entrarono in conflitto con l’arcipretura locale per il versamento delle quote del pescato. Progressivamente i nobili decisero di abbandonare l’utilizzo della tonnara favorendo così il loro stabilimento di Trabia. La Tonnara di San Calogero o Calasecca, attiva dal 1447, fu calata nei pressi dello scoglio di Galea Secca, lungo la fascia costiera fra Termini Imerese e l’area industriale, probabilmente nell’attuale Contrada Tonnarella. Molto vicina all’impianto di Battilamano, non era di grandi dimensioni, ma fu la principale fonte economica dei Salamone, importante famiglia di Termini Imerese. Nei pressi della foce del Fiume San Leonardo ad ovest dell’abitato, molto probabilmente fu situata l’omonima Tonnara, da alcuni studi identificabile invece con la Tonnara di Termini.
A Trabia già nel XII secolo il geografo arabo Idrisi, raccontando un contesto molto diverso da quello attuale, narrò della pesca dei tonni nel territorio affiancandolo anche alla cattura di specie fluviali simili al salmone. La Tonnara di Trabia è strettamente legata alla famiglia Lanza che la attivò nel 1509, ma secondo altri studi la sua fondazione potrebbe risalire al 1375 fino al passaggio del feudo ai nobili insieme alla struttura del castello e a grandi possedimenti terrieri. La Tonnara operava con un impianto in mare di grandi dimensioni distribuito al largo per compensare il non ottimale posizionamento. A seguito del periodo di crisi del settore, smise di funzionare nel 1971. Il Castello e le torri, perfettamente integrate con la struttura della tonnara, sono oggi in ottime condizioni e ancora di proprietà dei discendenti dei Lanza che hanno trasformato il complesso in un grande albergo. Nel vicino borgo marinaro di San Nicola L’Arena, l’omonima Tonnara entrò in attività nel 1492, ma secondo altri studiosi era già attiva nel 1367. La struttura si integrò con una preesistente torre di avvistamento costiero e successivamente con un imponente castello realizzato nel XIV secolo per la difesa del litorale e dell’impianto di pesca, per molti anni fulcro dell’economia del borgo. Le attività dello stabilimento entrarono spesso in competizione con quelle della vicina Tonnara di Solanto, tanto che i rispettivi rais erano soliti vigilare sulle reti calate dall’altro per verificare il rispetto della distanza di tre miglia fra gli impianti. La struttura chiuse nel 1935 ed oggi gli spazi del complesso del Castello sono utilizzati per eventi, spettacoli e manifestazioni.
Nel territorio di Santa Flavia erano operative due attività di pesca del tonno, inizialmente in conflitto fra loro, ma poi accomunate dai medesimi proprietari. La Tonnara di Solanto vede le sue origini risalire al 1392 quando rientrò nelle concessioni attribuite a Francesco Casasaggia, insieme al castello, feudo, torre, terre e boschi. L’impianto vide l’avvicendarsi di diversi proprietari, passando agli Spadafora, poi gli Agliata e nel Seicento ai Bologna e agli Ioppolo. La tonnara subì nei secoli diversi rimaneggiamenti e ampliamenti insieme al complesso difensivo del castello, costituendo un vero e proprio borgo marinaro con numerose strutture per le attività connesse alla pesca, il ricovero delle barche, l’incontro fra i pescatori e la lavorazione del tonno. Erano presenti anche stanze e locali di nobile prestigio, tanto che il re Ferdinando IV di Borbone, nell’Ottocento assistette diverse volte alla mattanza. Nel 1887 il complesso rientrò tra i possedimenti dei Mantegna di Ganci. Il D’Amico riferisce che vista la grande pescosità, la tonnara fu una delle più gravate dalle concessioni reali, tanto da dover versare una quota del 60 per cento del pescato alla Chiesa. Gli spazi propri della tonnara ancora oggi mostrano l’aspetto degli ultimi lavori del XVII secolo con un unico grande ambiente con pilastri in blocchi d’arenaria. Chiuse le sue attività negli anni Sessanta e, a seguito di restauri è oggi stata riadattata a struttura alberghiera.
Tra i borghi marinari di Porticello e Sant’Elia, con sistema di camere e reti installato nei pressi dello scoglio della Formica poco a largo di questo tratto di costa, aveva sede la Tonnara di Sant’Elia. Probabile nucleo generativo dell’omonimo insediamento, nel suo periodo iniziale si ritrovò in contrasto con il vicino impianto di Solanto, tanto che poi rientrò nella gestione degli stessi proprietari diventandone la struttura di supporto. Insieme costituirono un sistema molto pescoso, dando buoni profitti anche al re Ferdinando IV che ne divenne investitore. La comunità locale attribuisce la fortuna di questi stabilimenti al proprietario di entrambe le tonnare, il principe di Santa Flavia Cristoforo Filangeri che chiese al Papa di farsi inviare le reliquie di un martire da Roma. Nel 1794, Papa Pio VI accolse il voto fatto dal nobile donando le ossa del martire romano Sant’Agapeno, oggi conservate nella Basilica Soluntina di Sant’Anna a Santa Flavia. Così il Santo venne riconosciuto dalla comunità come protettore delle tonnare e dei naufragi.
Il litorale di Palermo, ricco di insenature e calette e popolato da borghi e approdi, ospitò numerose tonnare, alcune attive già dal XV secolo. La loro storia interessò molte importanti famiglie della storia cittadina tra cui i Florio, intrecciandosi inoltre con l’espansione “policentrica” della città. La posizione e la calata delle reti causò inoltre negli anni contrasti e dispute dovute alle ridotte distanze tra gli stabilimenti in competizione tra loro soprattutto nei periodi di grande attività. In quella che oggi è nota come la zona della costa sud di Palermo, sulla strada proveniente da Bagheria e che costeggia il litorale, si incontrava inizialmente la Tonnara di Acqua dei Corsari. Chiamata così perché situata in un tratto di mare frequentato dai pirati o per la presenza di una sorgente della famiglia Corsaro utilizzata per approvvigionare gli equipaggi; lo stabilimento venne abolito già nell’Ottocento. La Tonnara di Capicello o Tonnarazza, oggi praticamente scomparsa, venne fondata nel 1440 occupando il fronte sud della caletta del porticciolo di Sant’Erasmo, nucleo pulsante della borgata marinara affiancata al centro storico di Palermo. La tonnara rappresentava un’importante risorsa per la comunità tanto da essersi dotata anche di una torre di difesa e di “casematte” a protezione della struttura e dell’approdo. Divenne anche un importante tassello di una visione imprenditoriale che interessò la zona di Sant’Erasmo dall’Ottocento; nel quartiere infatti si avviò la Fonderia Oretea voluta dai Florio per la realizzazione di attrezzature per le imbarcazioni mentre per la trasformazione del pescato, nel 1922 nacque l’azienda Coalma che ancora oggi commercializza il tonno di Sant’Erasmo.
La Tonnara di San Giorgio o di Lo Monaco, aveva sede nei pressi della Chiesa di San Giorgio all’Arsenale e avviava il suo sistema di reti nello spazio oggi occupato dal versante settentrionale del porto di Palermo. L’originaria concessione venne affidata ai Padri Cassinesi di San Martino, ma venne distrutta nel XVI secolo durante i lavori di costruzione del grande molo, imponente opera di ampliamento del porto. Medesima fine fecero l’omonima Chiesa e la torre denominata Lo Monaco in onore dei proprietari della struttura, posta a difesa dello stabilimento.
La Tonnara dell’Arenella o Florio, è sita nell’omonimo borgo marinaro che prende il nome dal piccolo arenile sabbioso da cui prendevano il mare le imbarcazioni dei pescatori. Vista la sua posizione, fu spesso al centro di dispute con i vicini stabilimenti di Mondello e Vergine Maria; probabilmente di origine Trecentesca, una di queste controversie consente però di attestare la sua presenza con certezza nel 1584. Nel 1645 ne ottenne la concessione il Principe di Niscemi, ma entrò nel suo periodo di massimo splendore a seguito dell’acquisto da parte di Vincenzo Florio nel 1830. Si avviarono così i lavori di ampliamento e ristrutturazione guidati dall’architetto Carlo Giachery che nel 1852 progettò anche un mulino a vento utilizzato nei processi di lavorazione del tonno e del sommacco. Il complesso riprende il sistema del baglio con corte interna e ampi ambienti con volta. Vi si affianca anche la Palazzina dei Quattro Pizzi, bellissimo esempio di architettura neogotica che fu residenza privata della famiglia. Nei primi del Novecento chiuse la sua attività ospitando negli anni Ottanta un club nautico e poi, a seguito di un importante restauro nel 2008, è diventata location per eventi e ricevimenti.
La Tonnara di Vergine Maria o Bordonaro, coeva del vicino stabilimento dell’Arenella, era probabilmente presente già nel XIV secolo diventando poi nucleo fondativo dell’omonimo borgo marinaro. Insieme a quella di Mondello, nel 1456, le tre tonnare venivano fornite in concessione a Federico di Bonomia; la strategica gestione con un unico proprietario di impianti così vicini, terminò con gli eredi successivi generando numerose discordie legate alla distanza minima fra le reti calate. Nel XVI secolo, grazie al suo imponente torrione, era annoverata fra i sistemi difensivi costieri individuati dagli ingegneri militari Camilliani e Spannocchi individuando la struttura come la Tonnara di Nostra Signora del Ruotolo, perché prossima al luogo di ritrovamento di un quadro della Vergine vicino Rocca dei Rotoli. Durante il Settecento fu gestita dai Fazio di Genova e dagli Oneto duchi di Sperlinga. Nel secolo XIX passò di proprietà alla famiglia Chiaramonte Bordonaro che ne ampliò e ristrutturò la struttura. A metà del Novecento divennero proprietari i fratelli D’Acquisto, precedenti gestori dell’impianto di Mondello che spostarono qui la loro attività. Con la crisi del settore la struttura entrò in disuso alternando brevi periodi di utilizzo anche come discoteca; negli ultimi anni è stata oggetto di nuova rifunzionalizzazione ed oggi ospita bar e ristoranti.
Le tonnare di questo tratto di costa sono al centro di una leggenda che unisce i borghi marinari vicini al Monte Pellegrino. Un giorno dei pescatori di Vergine Maria ritrovarono in mare una statua raffigurante Sant’Antonio. Inizialmente posizionata nei pressi della Torre del Rotolo, in un luogo difficile da raggiungere, chiesero agli abitanti del vicino borgo dell’Arenella di ospitarla nella chiesetta della tonnara Florio, in attesa di realizzare un luogo di culto adatto. Dopo anni di lavoro, davanti alle richieste di restituzione della statua, i pescatori dell’Arenella si opposero con insistenza poiché ormai si erano affezionati all’effige. La vicenda vide la mediazione dei proprietari delle due tonnare, i Florio e i Bordonaro che decisero la restituzione della statua a Vergine Maria; il tutto doveva effettuarsi però in modo solenne. Alcuni tentativi via mare ed altri via terra, incontrarono però tempeste ed altri impedimenti quindi, come spesso succede in leggende legate a dispute locali, la responsabilità fu attribuita al Santo. Posizionata la statua su un carro di buoi senza conducente al confine fra i due territori, questo si diresse nuovamente verso l’Arenella tornando dove per tanti anni il simulacro era stato accolto. Durante le prime processioni l’itinerario includeva le due borgate, ma a causa del malcontento, le manifestazioni religiose successive si tennero solo all’interno del borgo prescelto.
La Tonnara di Mondello un tempo presente accanto all’omonima torre che oggi svetta sul lungomare del borgo marinaro, viene ricordata per alterni risultati di pesca. Già presente nel XV secolo, come i vicini stabilimenti del litorale settentrionale palermitano, grazie alla sua attività costituì la risorsa economica principale della borgata marinara. Meno fortunata rispetto alle altre due, nell’Ottocento venne parzialmente abbandonata rientrando in attività nel Novecento fino agli anni Sessanta. Colpita da nuove visioni economiche che interessavano il litorale del borgo, venne distrutta insieme alla chiesetta annessa per far posto agli attuali ristoranti e la moderna piazza del borgo di Mondello.
Sono molto poche le fonti relative alla presenza di una tonnara a Sferracavallo, molto probabilmente perché inattiva già nel XIX secolo tanto da non essere neanche menzionata nelle carte di fine Ottocento. Secondo molti studiosi, però non rappresentava una tonnara vera e propria; in assenza di testimonianze materiali, infatti si pensa che lo stabilimento in realtà non sia mai stato operativo per la cattura dei tonni, ma soltanto per la lavorazione del pescato. Da alcuni storici questa struttura viene identificata come la Tonnara di Calandria, di origine quattrocentesca, sita a pochi metri dal porticciolo. Nel Seicento venne acquistata, insieme al baglio e i magazzini accessori, dalla famiglia Amorello (o Morello) avviando con grande impulso e la costruzione della chiesetta e nuovi fabbricati, lo sviluppo del borgo marinaro. In seguito la struttura perse progressivamente la sua funzione e venne inglobata nel fabbricato di Villa Arezzo di Trifiletti. L’immobile presenta grandi ambienti al piano terra e un prospetto rustico sul fronte mare con caratteristiche merlature. Di proprietà privata, oggi si mostra in mediocri condizioni e solo parzialmente utilizzato come residenza.
Nello splendido litorale di Isola delle Femmine, tra il borgo marinaro e l’isolotto, aveva sede l’omonimo impianto di pesca. La Tonnara di Isola delle Femmine è di origini antichissime, tanto che nel 1176 venne donata dal normanno Guglielmo II il Buono all’abate Teobaldo Vescovo di Monreale. La chiesetta adiacente, venne ampliata nel Quattrocento per accogliere il culto dei pescatori devoti alla Madonna. Per proteggere l’importante impianto di pesca vennero realizzate la torre “in terra” e la torre di “fuori” quest’ultima localizzata sull’isolotto, entrambe parte del sistema difensivo costiero di notevole importanza durante le scorrerie piratesche del XVI secolo. Nei primi dell’Ottocento, a causa di una prima crisi del settore, la tonnara venne riadattata a residenza della famiglia Pilo – Bologna, Conti di Capaci. Nello stesso periodo si ampliò notevolmente il borgo di Isola delle Femmine, di cui l’antica struttura della tonnara è oggi sede municipale.
Proseguendo verso ovest lungo la fascia costiera, si incontrava la Tonnara di Carini che calava nell’omonimo golfo e probabilmente identificabile con un antico baglio di pescatori affiancato a una torre di avvistamento nella zona di Piraineto. Dell’impianto si sa pochissimo; di scarso profitto venne infatti presto dismessa.
Nei pressi di Marina di Cinisi, si erge ancora maestosa la struttura della Tonnara dell’Orsa con la sua torre posta a difesa. Il permesso di impianto nel litorale di Cinisi fu concesso a Corrado De Castellis nel 1343 dal Re Ludovico di Sicilia, passando dopo pochi decenni, a seguito di testamento, nelle proprietà dell’Abbazia di San Martino delle Scale. Lo stabilimento, vista la posizione esposta a forti correnti, non ebbe molta fortuna, ma fu soggetto ugualmente a ristrutturazione nel 1569, edificando anche la torre inserita nel sistema difensivo costiero siciliano. Nei secoli la tonnara vide l’avvicendarsi di diverse gestioni, separando anche la sua funzione difensiva. Nel 1808 fu affidata in concessione a Faro Saputo, nel 1902 a Giuseppe Serughetti e nel 1907 a Marsano e Tabl. La discontinua gestione non consentì lo sviluppo di un impianto dai buoni profitti, tanto che pochi anni dopo terminò la sua attività definitivamente diventando anche presidio militare durante la Seconda Guerra Mondiale. A seguito di restauro e rifunzionalizzazione svolto negli anni Novanta, la struttura oggi è una location per eventi e attività culturali conservando l’originaria composizione su diversi ambienti a corte che riprendono la tipologia del baglio, affiancata all’antica torre difensiva.
La Tonnara della Sicciara, individuata come l’antico nome di Balestrate, aveva sede nei pressi dell’attuale porto della cittadina, tanto da essere oggi non più rintracciabile. La sua costruzione venne concessa al barone Giacomo Fardella dall’Imperatore Carlo V nel 1517, accanto a una torre preesistente, utilizzando parte delle attrezzature provenienti dall’impianto di Nubia nel trapanese. Nei primi anni del Seicento passò ai Sanseverino, Principi di Paceco, che con alterni profitti riuscirono a mantenerla in attività fino al 1780. Lo stabilimento venne via via smontato e le pietre utilizzate dalla comunità per l’edificazione delle loro abitazioni, consentendo così la nascita del paese di Sicciara, duecento anni dopo rinominato Balestrate.