PROVINCIA DI TRAPANI Tonnare Fisse, Costruzioni e Manufatti Tradizionali

PROVINCIA DI TRAPANI

Description

Tonnara dei Magazzinazzi. Foto di Daniele Pugliesi via Wikimedia commons

Il versante occidentale della Sicilia mostra tre ambiti peculiari: l’ampio specchio del Golfo di Castellammare, il lungo litorale del trapanese fino alla Valle del Belice e l’arcipelago delle Egadi. Grazie alla sua posizione, questo lungo tratto di coste era uno dei primi ad essere interessato dal percorso dei tonni verso ovest, ospitando così alcuni dei più noti, longevi e prolifici stabilimenti “di andata”. Su queste coste hanno infatti avuto luogo le ultime mattanze della Sicilia, tenutesi ormai oltre quindici anni fa.

Dal litorale di Balestrate, addentrandosi nel Golfo di Castellammare, nei pressi di Alcamo Marina, si incontra la Tonnara dei Magazzinazzi. Sorta nel XVII secolo, nel 1634 era di proprietà della famiglia Lo Giudice, poi Fardella e nel 1720 passò al Barone Specchi. Qui venne trasferita l’attività dell’impianto della Sicciara smontato nel 1780. Fu oggetto di ampliamento con nuovi magazzini e la realizzazione di una casa padronale integrata con la preesistente torre di avvistamento. Non riuscì ad ottenere una buona pescosità, pur avendone il potenziale, terminando la sua attività negli anni Sessanta del Novecento. Dall’Ottocento ne sono proprietari la famiglia Foderà i cui discendenti oggi hanno trasformato l’edificio residenziale in una struttura ricettiva.

Lo splendido litorale di Castellammare del Golfo, al centro dell’ampio specchio di mare, offre numerose calette, punte e insenature disseminate di grotte e faraglioni. Il geografo arabo Idrisi, nel 1138 racconta che nel golfo si praticava la pesca del tonno attraverso le reti. La presenza della Tonnara di Castellammare mostra scarsi riferimenti storici sul suo posizionamento, confondendola con altri impianti. Di origine antica, nel 1466 venne venduta dal Conte di Caltabellotta a Ferdinando Lucchese di Sciacca. Viene poi citata tra le concessioni reali fornite ai Fardella di Trapani tra il 1519 e il 1520. Non eccelse per profitti o notorietà, forse anche per la prossimità ad impianti ben più importanti.

Tonnara di Scopello. Foto di Francesco Mocellin via Wikimedia commons

La Tonnara di Scopello, incastonata in uno scenario paesaggistico tra calette, torri e faraglioni è ancora oggi uno degli stabilimenti più noti della Sicilia. Di origini molto antiche, l’attività di pesca in questo tratto di costa è attestata in un documento dell’XI secolo di concessione del sito di Scopello al Monastero di Santa Maria di Boico di Vicari. Ulteriore testimonianza è data dalla pesca documentata nel XIII secolo sul litorale amministrato all’epoca da Monte San Giuliano, oggi Erice, che ne diede la gestione alla Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio di Palermo. Il possesso demaniale terminò nel 1442 con la vendita a Simone La Mammina, passando dopo pochi anni alla famiglia Sanclemente. A loro si devono i grandi lavori di ampliamento che portarono all’edificazione di magazzini, case e laboratori che definirono il complesso come un piccolo borgo di marinai e artigiani. Negli ultimi anni del Seicento, una quota della proprietà passò al Collegio dei Gesuiti e al Monastero di Sant’Andrea di Trapani che aggiunsero nuovi alloggi, depositi e servizi destinati al personale impiegato nei lavori. Alternò in quote altri proprietari privati fino alla soppressione degli ordini religiosi del 1866 in cui rientrò fra i beni demaniali. Posta all’asta, nel 1874 fu acquistata da una cordata di imprenditori tra cui la Famiglia Florio che, possedendone le quote maggioritarie, realizzò nuove ristrutturazioni. L’ultima mattanza della tonnara si tenne nel 1984, aprendo successivamente la struttura a sperimentazioni nel campo della biologia marina. Oggi lo splendido contesto paesaggistico, di proprietà privata, accoglie i turisti con un piccolo museo e stabilimento balneare diventato negli anni una delle più note mete turistiche del trapanese.

La penisola di San Vito Lo Capo si apre su due versanti, fungendo da limite al Golfo di Castellammare e corona per il litorale che giunge fino all’imponente Monte Cofano. Posizionata su una delle più famose spiagge della Riserva Naturale dello Zingaro, la piccola Tonnara dell’Uzzo, rappresentava lo stabilimento a supporto del più noto impianto di Scopello. La tonnarella si occupava principalmente di ospitare i pescatori durante i periodi non legati alla pesca del tonno, dedicandosi anche al pescato generale. Divenuta di proprietà dei Florio, venne spesso lasciata inattiva per non danneggiare lo stabilimento di Scopello.

Tonnara del Secco di San Vito Lo Capo. Foto di trovalg via Wikimedia commons

A pochi chilometri dal centro, ha sede il complesso di edifici della Tonnara del Secco di San Vito Lo Capo in un sito già frequentato in epoca romana e vicino a una zona dal basso fondale. Entrata in funzione nel 1412, nel 1872 venne acquistata dal Cavaliere Vito Foderà, già proprietario dell’impianto di Magazzinazzi, ampliando la struttura con depositi e spazi per la lavorazione del tonno, ma anche ambienti per la residenza. La calata delle reti molto prossima alla costa, consentiva infatti ai proprietari di osservare dalle proprie terrazze il lavoro delle ciurme durante la mattanza. Dopo un periodo di crisi, la tonnara venne acquistata dai Plaja nel 1929, costretti a terminare l’attività nel 1965. Il complesso è molto ampio e con diverse strutture che ne motivarono l’acquisto da parte di Valtur. A seguito del fallimento dell’azienda turistica, attualmente i fabbricati versano in stato di abbandono. In prossimità della struttura sono state scoperte delle vasche con resti di tonno e pescato vario risalenti al IV secolo avanti Cristo, a conferma di una millenaria tradizione di lavorazione del pesce nell’area. Alcuni storici accennano ad un’altra Tonnara di San Vito, distinta da quella molto nota del Secco, attestata in proprietà al Monastero di Santa Rosalia di Palermo.

Torre della Tonnara di Cofano. Foto di Esculapio via Wikimedia commons

Proseguendo sul versante settentrionale che precede Trapani, la Tonnara di Cofano nel territorio di Custonaci si posiziona in un luogo isolato già frequentato in epoca antichissima. Alcune tracce archeologiche suggeriscono la presenza di vasche per la preparazione del garum, preparazione a base di pesce nota in epoca romana. La proprietà dell’impianto venne acquisita dalla famiglia Bosco nel 1404 che nel 1551 ottenne la concessione per la realizzazione del marfaraggio e della torre di avvistamento; quest’ultima con la particolare forma stellata, rappresenta un’architettura inusuale nel territorio siciliano. Con gli anni la tonnara divenne una risorsa attrattiva economica e occupazionale tanto da motivare la nascita di un piccolo borgo di pescatori, oggi parzialmente utilizzato per la ricettività. Anche questo stabilimento entrò ben presto in contrasto con quelli vicini, in particolare quello di Bonagia, tanto che il proprietario di questa ne prese la gestione. Diventato stabilimento di supporto, nonostante i buoni risultati di pesca, progressivamente divenne inattivo a vantaggio dell’altro impianto. Il complesso architettonico in discreto stato è oggi parte della Riserva Naturale di Monte Cofano.

Tonnara di Bonagia e porto del borgo marinaro. Foto di Michal Osmenda via Wikimedia commons

La Tonnara di Bonagia, nel litorale di Valderice, rappresenta il nucleo cardine e generativo dell’omonimo borgo marinaro. Il complesso architettonico si compone di diversi ambienti che includono anche una torre di avvistamento e una cappella. Fondata nel 1266, venne ricostruita nel 1624 dopo la distruzione ad opera di pirati. Nel 1638 venne acquistata dalla famiglia Stella che nel 1749 realizzò al suo interno una chiesetta che ospita ancora oggi un crocifisso ligneo venerato dalla comunità locale. Passò poi nel XIX secolo ai duchi di Castel di Mirto e in seguito ceduta all’omonima Opera Pia. Seguì un periodo di declino ed abbandono finché fu riattivata nel 1876 rientrando in gestione dell’Ospedale Fate Bene Fratelli di Palermo e successivamente acquistata dalla società Fenicia S.p.A. di Trapani nel 1923 e negli anni Settanta dall’imprenditore trapanese Castiglione. Intorno agli anni Ottanta terminò la sua attività di pesca; venduta a una nuova proprietà venne in seguito restaurata e riadattata a struttura ricettiva. Il complesso architettonico ospita anche un piccolo museo, mentre magazzini, cucine, depositi, alloggi e altre sale di un tempo oggi sono state riconvertite a stanze e servizi per il resort. Come altre tonnare, riprende l’impostazione del baglio con corte interna, ispirandosi a una tipologia agricolo-produttiva molto diffusa nella campagna siciliana.

Nel tratto di costa dei Comuni di Trapani ed Erice, aveva sede uno degli impianti più articolati della Sicilia occidentale. La Tonnara di San Giuliano o Trapani Palazzo, posizionata su Punta Tipa, trova le sue origini risalire alla metà del Quattrocento. Nei secoli successivi vide l’avvicendarsi di diversi proprietari, come i Fardella, i Borghese, i Serraino e i Tipa. Quest’ultimo utilizzò lo stabilimento per la conservazione di prodotti ittici. Sulla Punta, trovavano spazio anche una chiesetta dedicata a San Giuliano e una torre di avvistamento. Un lento e progressivo degrado degli immobili, oggi praticamente ruderi, motivò la nascita di un nuovo stabilimento: la Tonnara di San Cusumano, nella frazione di Casa Santa. Nei primi anni del Novecento, questo impianto subentrò nei diritti di pesca del precedente stabilimento, rilevandone di fatto l’attività chiusa definitivamente negli anni Sessanta. Negli anni Settanta l’imprenditore trapanese Nino Castiglione, già proprietario dell’impianto di San Cusumano, acquistò quelli di San Giuliano e della vicina Bonagia, riunendoli così in un’unica forma societaria dal nome “Tonnare di Bonagia e Sancusumano”, oggi Nino Castiglione S.r.l., effettuando la mattanza fino al 2003. Lo stabilimento oggi si occupa prevalentemente di trasformazione del pescato, trattando il tonno, ma anche sgombri, acciughe e sardine.

Fra i tanti miti legati alla pesca in Sicilia, si racconta anche di isole misteriose o scomparse al largo di Trapani. Una di queste, adiacente allo Scoglio Porcelli, a nord dell’Isola di Formica, fu l’Isola di San Vittore, dove secondo alcuni storici nel Settecento aveva sede l’omonima Tonnara.

Tonnara di Favignana. Foto di Antonio Furnari via Wikimedia commons

L’arcipelago delle Egadi, costituendo il punto più ad Ovest della Sicilia, rappresenta idealmente il primo sito di incontro dei tonni durante il loro viaggio verso Est per la riproduzione. La pratica di pesca svolta da secoli nelle isole, acquistate nel Seicento dalla famiglia Pallavicini di Genova, si concretizzò con un vero e proprio marfaraggio solo nel XIX secolo. Nel 1841 la famiglia Florio prese in affitto dai Pallavicini la Tonnara di Favignana per praticare la mattanza, acquistando poi dagli stessi, le isole di Favignana e Formica nel 1874, insieme ai relativi diritti di pesca. In quegli anni la storia della commercializzazione del tonno cambiò radicalmente. I Florio chiamarono l’architetto Giuseppe Damiani Almeyda a riprogettare, ampliare e ammodernare secondo il gusto ottocentesco le strutture, realizzando uno dei più grandi impianti del Mediterraneo. Il tutto per potenziare la tonnara come grande stabilimento per la trasformazione del tonno, pronto ad un innovativo metodo per la sua conservazione sott’olio a seguito di bollitura. Quello di Favignana fu uno dei più importanti e pescosi impianti della Sicilia e un vero punto di riferimento per l’industria del settore, ma cadde anch’esso nella parabola discendente dei Florio. A seguito del loro fallimento nei primi del Novecento, passò in gestione all’Istituto per la Ricostruzione Industriale, cui subentrarono poi gli imprenditori genovesi Parodi che ancora oggi detengono il marchio “Tonnare Florio”. Nel 1985 lo stabilimento entrò nella gestione del trapanese Nino Castiglione, già proprietario della vicina tonnara San Cusumano. Negli anni Novanta l’impianto passò alla Regione Siciliana che avviò il restauro e la rifunzionalizzazione di uno dei più belli esempi di architettura industriale del Mediterraneo, trasformato oggi in sede museale dedicata alla pesca del tonno e le tradizioni a questa legate. Nel 2007, rimasta ormai l’unica tonnara attiva nella Regione, qui si svolse l’ultima mattanza tradizionale, cessando questa attività definitivamente in tutta la Sicilia.

Tonnara di Formica. Foto: CRICD

La Tonnara di Formica, aveva sede sull’omonimo isolotto posizionato tra le Egadi e Trapani su una piccola superficie che ospita anche una torre fortificata riadattata a faro. Come tutto l’arcipelago, venne acquistato dai Marchesi Pallavicini di Genova a metà del Seicento. Passata ai Florio a metà dell’Ottocento, rientrò nella gestione dello stabilimento di Favignana. Grazie alla sua posizione e all’efficiente marfaraggio, costituì un impianto dagli ottimi risultati. Terminata l’attività, l’isolotto e le sue strutture, tra cui una chiesetta “del rais”, sono oggi di proprietà di una comunità terapeutica.

La fascia costiera che da Trapani raggiunge Mazara del Vallo è una splendida stratificazione storica e ambientale in cui il mare e la terra diventano insieme tessuto produttivo e risorsa essenziale per il sostentamento delle comunità.

Immersa nel paesaggio delle saline trapanesi, nel territorio di Paceco, svetta a pochi metri dal mare la torre di Nubia, un tempo posta a sorveglianza dell’omonimo stabilimento, noto anche come Tonnara di Raisi Debbi. Autorizzata la concessione nel 1560, se ne hanno però scarse notizie risultando inattiva già nel Settecento.

La Torre di Nubia, oggi architettura solitaria nel paesaggio delle saline dove era attiva la Tonnara di Raisi Debbi. Foto di Stefano Pannucci via Wikimedia commons

Proseguendo sulla fascia costiera che guarda le Isole dello Stagnone, nel litorale di Marsala, la Tonnara di San Teodoro si erge sulla spiaggia dell’omonima cala in un sito frequentato da millenni già in epoca fenicia. Evidenze archeologiche testimoniano la presenza della struttura già nel 1272, mentre la torre posta a sua protezione è citata nel 1457. L’insieme di fabbricati costituì così un complesso militare e produttivo integrato sia con il sistema difensivo costiero che con il contesto delle saline locali. Nel 1520 era posseduta da Giacomo Antonio Crapanzano. Cessata l’attività, oggi rimangono la torre, parte dei magazzini e delle strutture di supporto in mediocri condizioni, parzialmente adibite a ristorante. Di fronte, sull’Isola Grande dell’arcipelago dello Stagnone, aveva sede lo stabilimento della Tonnara del Borrone, probabilmente associata all’impianto di San Teodoro. Splendido esempio di archeologia industriale, mostra ancora oggi ampie strutture non utilizzate, una ciminiera e una parte della Chiesa di San Teodoro cui è affiancata.

La Tonnara di Boeo, aveva sede sull’omonimo Capo che rappresenta una delle principali “punte” della Sicilia occidentale ed il nucleo originario della città punica di Lilibeo, oggi Marsala. Nel XVI secolo rientrò tra le proprietà della famiglia Emanuele Villabianca. Sono scarse le notizie su questo stabilimento, oggi scomparso.

Stessa sorte ebbe la Tonnara di Monzella, nei pressi della foce dell’omonimo fiume, inattiva già nel Settecento.

La Tonnara di Santa Maria La Nuova o del Cannizzo o di Sibiliana, aveva sede nei pressi di Punta Sibiliana, nel territorio fra Trapani e Petrosino, in prossimità di una torre di avvistamento ancora oggi rintracciabile. Di origine Normanna vista la concessione affidata al Vescovo di Mazara nel 1144, non viene notato dagli storici moderni come uno stabilimento molto pescoso, forse per via delle forti correnti su questo tratto di costa.

La Tonnara di Mazara aveva sede lungo il litorale di Mazara del Vallo. Inattiva già nel XVIII secolo, viene citata dal Villabianca solo per la presenza di alcune porzioni di fabbricati e cortili.

Il territorio di Campobello di Mazara e Castelvetrano, per il suo posizionamento a sud del Capo Boeo, era noto già nell’antichità per intercettare i tonni di ritorno dal loro viaggio verso il Mediterraneo orientale. Atti notarili del XVII e XVIII secolo testimoniano la presenza di stabilimenti scarsamente citati dagli storici, come la Tonnara di Torre Polluce nei pressi di Selinunte e quella di Tre Fontane vicino l’attuale cittadina, dismessi però in epoca moderna. Quest’ultima probabilmente è associabile alla Tonnara di Torretta Granitola, attivata a seguito di concessione ottenuta dal Barone Adragna di Trapani a fine Ottocento, che assunse anche il nome di Tonnara Tre Fontane. Grazie alla sua posizione sul litorale meridionale, divenne l’unico impianto “di ritorno” del trapanese. Lo stabilimento, molto ampio e utilizzato anche per la salagione del pescato avanzato, nel Novecento venne gestito dall’imprenditore Amodeo che avviò ulteriori ristrutturazioni e ampliamenti secondo i principi dell’architettura funzionalista. La tonnara si dotò di numerosi magazzini, depositi, laboratori per la lavorazione, vasche, uffici e spazi per accogliere operai e pescatori; il tutto realizzato utilizzando la pregiata “pietra bianca” di Favignana. L’attività di pesca venne interrotta nel 1972 e nel 1987 parte delle attrezzature vennero vendute al governo libico. I diversi corpi di fabbrica del complesso, distribuito a corona del porticciolo, sono stati poi oggetto di restauro e rifunzionalizzazione e dal 2010 ospitano l’IAMC-CNR di Capo Granitola, istituto che lavora nell’ambito della ricerca relativa agli ecosistemi marini.

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