SCIACCA Espressioni Tradizionali e Spazi culturali

Sciacca (AG)

Description

LE ESPRESSIONI TRADIZIONALI E GLI SPAZI CULTURALI

La leggenda narra la scoperta del corallo da parte di un pescatore. Bettu Ammareddu, avendo perso durante una battuta di pesca il pegno d’amore della donna amata, si tuffò in mare per recuperarlo e risalì in superficie con uno dei rami trovato sul fondale, che si rivelò un tesoro per la città di Sciacca.

«Nel 1875, intorno alla metà del mese di maggio, un pescatore di nome Alberto Maniscalco, detto Bettu Ammareddu, si trovava al largo di Sciacca sulla sua barca e con i compagni di lavoro impegnati nelle operazioni di pesca. Ritirando dal mare i parangali, attrezzi da pesca, i pescatori si accorsero della presenza di un ramo di corallo rimasto impigliato. Con tentativi successivi altri rami di corallo affiorarono dal mare, accertandosi in tal modo della presenza di un vero e proprio banco. Presero la posizione di quel tratto di mare che custodiva una vera e propria fortuna e rivelando successivamente sotto compenso la posizione ad altri, aprirono le porte ad un accorrere continuo di pescatori provenienti anche da Marsala, Trapani e Torre del Greco tutti bramosi di accaparrarsi quel tesoro fino ad allora rimasto nascosto. La leggenda ed il fascino delle tradizioni popolari ci hanno tramandato una versione più fantastica di come il nostro Bettu Ammareddu si ritrovò sul finire dell’Ottocento a scoprire casualmente il corallo di Sciacca. In quel giorno del maggio del 1875 il nostro pescatore si trovava intento nelle operazioni di pesca, pensando tra una manovra e l’altra alla sua amata, lasciata a terra come tutte le notti ed in attesa di poter rientrare per riabbracciarla. Quella donna che, come segno di amore, aveva donato al nostro pescatore una medaglietta simbolo della loro unione e oggetto al quale Bettu si affidava nei momenti in cui si trovava assorto a pensare a lei. Ma quel giorno successe che, probabilmente a causa di distrazione, la medaglietta scivolò dalle mani di Bettu inabissandosi nelle acque del mare di Sciacca. Il nostro pescatore innamorato si tuffò immediatamente alla ricerca dell’oggetto che non avrebbe potuto e dovuto perdere per nessun motivo al mondo. E fu in quegli istanti che, nel tentativo di cercare tra gli scogli la medaglia dispersa, acciuffò un ramo di corallo risalendo in fretta per prendere fiato. Bettu Ammareddu risalì con un nuovo tesoro in mano, lasciando nei fondali sciacchitani la medaglia della sua amata Tina» (http://www.comune.sciacca.ag.it/vecchio_sito/wp-content/uploads/2015/02/LA-STORIA-DI-BETTU-AMMAREDDU.pdf).

La leggenda racconta la storia di Elmo, dal quale prende il nome un grande scoglio sulla costa di Sciacca. Elmo era un mendicante, che si trovò a dover sfamare le due figlie del fratello defunto. Pregando per le sue difficoltà, Elmo ricevette in dono dal Signore una lanterna insieme al compito di indicare la strada ai pescatori nel buio della notte. Per riconoscenza i pescatori offrivano ad Elmo e alle due orfanelle del pesce per sfamarsi. Alla luce di questa leggenda, ancora oggi i marinai chiedono aiuto a Sant’Elmo quando si trovano in difficoltà.

 I canti accompagnano e ritmano le azioni della pesca. Canti di pescatori e marinai sono riportati da Giuseppe Pitrè nella sua “Biblioteca delle tradizioni popolari”. I canti dei tonnaroti sono stati raccolti dagli etnomusicologi Diego Carpitella e Alan Lomax nel 1954.

Il testo che segue proviene da Sciacca ed è riportato da Pitrè nel volume “Usi, costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano” (1889a):

«Sunau lu toccu a santa Catarina,

È quasi l’arba, sdàtivi picciotti,

La varcuzza prestu avanti , chi allatina,

Tiramu a mari, si no semu cotti.

Sardi, anciovi e mirruzzi cchiù di rina

Piscari nu’ putemu mentri è notti.

O santu Bauna nni fa stamatina

Di lu putiaru scanzari li botti» (p. 463).

I canti, raccolti dall’etnomusicologo Alberto Favara, erano messi in forma dai pescatori di corallo durante l’azione di rotazione dell’argano.

Nel volume Corpus di musiche popolari siciliane (1957), Alberto Favara ricorda che la scoperta di banchi di corallo nel mare di Sciacca tra il 1875 e il 1880 determinò l’affluenza di pescatori provenienti da Napoli nei mari di Sciacca. I canti testimoniano una commistione linguistica e la creazione di uno specifico gergo siculo-partenopeo che veniva utilizzato nei canti durante le attività di pesca del corallo a Sciacca.

Il testo che segue è relativo ad un esempio di canto della pesca del corallo raccolto da Alberto Favara ed è stato eseguito anche da Rosa Balistreri:

«Ohè Nicò, ohè Nicò

metti u curaddu russu coppa

u bascul.

Ohè Nidà, ohè Nidà

e vidi comu assuma lu currà.

Ohè Nidà, ohè Nidà

e comu sunnu belli i maccarruni

Ohè Nicò, ohè Nicò

metti u curaddu russu coppa u bascul.

Ohè Nicò, ohè Nicò

e comu sunnu belli i maccarruni

Ohè Nidà, ohè Nidà

e vidi coma assuma lu currà».

Una volta giunto al porto, il pescato del giorno è in parte caricato sui camion per l’esportazione, in parte trasferito alle aziende ittiche per la trasformazione e in parte venduto in banchina, anche con battitura all’asta.

Il mercato ittico è gestito dal 1969, anno in cui venne costruito, dal Comune e ha sede presso la Banchina S. Paolo. I pescherecci arrivano nella banchina nel pomeriggio a cadenza continua e scaricano enormi quantità di pesce appena pescato e subito disponibile per la vendita.

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